Quando penso all’amore qualsiasi tipo di amore esso sia, penso che non possa essere definito tale se non include il concetto di libertà. Libertà di essere se stessi, ma anche di perdersi nell’altro. E soprattutto di scegliere l’altro.
Questo non vuol dire che non ci siano regole, ma semplicemente che queste regole non sono quelle dettate da una determinata società in uno specifico momento storico.
Nell’antichità greca, ad esempio, è solo nel mito che Eros era un dio armato di frecce da scagliare in totale aribitrarietà, nella società invece sessualità e sentimento erano costretti in rigide regole coniugali, che prevedevano pochissime libertà effettive.
C’è una bella differenza dunque tra ciò che nel mondo greco viene raccontato nei miti e ciò che accade nella società.
Allora perché rivolgerci al mito? Sebbene i miti siano molto diversi dalla storia non sono neanche semplici favole: sono racconti tradizionali, trasmessi in origine oralmente e sedimentati nella memoria collettiva, ai quali era affidata una funzione culturale di fondamentale importanza.
Jung parla a proposito di "inconscio collettivo", e pensa che i miti, così come i simboli di cui sono composti, ci costituiscano, plasmino il nostro modo di essere tanto a livello inconscio quanto a livello conscio. Andiamo allora a vedere quando si parla di eros, nella sua duplice essenza di sentimento e sessualità, di che cosa di tratta.
ARISTOFANE AL SIMPOSIO DI PLATONE
“L’intero disegno della figura umana era sferico, schiena e fianchi chiusi in tondo; le mani erano quattro, gambe in numero pari alle mani. Due volti identici perfettamente sopra un collo come arrotondato al tornio. Un solo cranio a ricoprire tutte due le facce, volte ad orizzonti opposti. Quattro orecchie, genitali in coppia e tutto il resto in coerenza, come ben si può capire dai dettagli detti.
(..) Dunque i sessi erano tre, e di tal forma: la ragione era che il maschio discendeva in origine dal sole, la femmina dalla terra e quello intriso d’entrambi dalla luna, poiché anche la luna partecipa dell’uno e dell’altra.”
- Il Simposio, Platone
Nell’opera fondante la metafisica occidentale, Il Simposio, Platone, attraverso Aristofane, ci narra di un origine meravigliosa e irrimediabilmente perduta in cui l’essere umano viveva felice e sereno al massimo della sua potenza.
Si tratta del famoso “uomodonna” sferico, completo in tutto e per tutto e così pieno d’orgoglio da credere di poter attentare impunemente alle divinità, pagando tale superbia a caro prezzo.
Per punire la tracotanza dell’uomodonna per aver sfidato gli dei, Zeus decise di tagliare gli uomini in due, l’uomo avrebbe sempre dovuto guardare il taglio di sé per ricordarsi la sua presunzione e farsi così più moderato.
Tuttavia, Zeus vedendo la disperazione dei mezzi-uomini che all’inizio erano pure rigirati su stessi e nella loro disperazione continuavano a morire, li compatisce e “trasporta sul davanti i loro sessi e introduce il dar la vita tramite i sessi, l’uno dentro l’altro il maschio penetrando nella femmina con precisi scopi: che nell’abbraccio se l’uomo capitava con la donna dessero vita e la vita si perpetuasse; maschio con maschio, invece, perché nascesse una soddisfazione piena dall’amplesso, come una stanchezza che li facesse concentrare sul lavoro..”
I mezzi-uomini che sono poi i nostri primi antenati trovano quindi in Eros, inteso innanzitutto nella sua componente sessuale, un sollievo alla loro mutilazione: la possibilità di ritrovare l’unità e di “medicare” la propria natura umana. Si tratta quindi di curare qualcosa di malato, quasi a significare che la nostra condizione di vita quotidiana sia di per sé "inautentica", come se senza l’altro il singolo individuo fosse irrimediabilmente perduto.
La cosa interessante però è che la coppia originaria non è eterosessuale, anzi si dà per scontato sin dall’inizio che sia mista.
“Ciascuno di noi è il tagliando di un uomo: come le sogliole, dimezzato, due da uno. Perciò ciascuno, ostinatamente, cerca l’altro tagliando di se stesso. (..) Donna nata da spaccatura di donna , non fa tanto caso all’uomo quanto si orienta sulle altre donne: da qui le donne che vanno con le donne. Chi è taglio di maschio, bracca il maschio (..)
Certo può capitare che un tipo così rincontri la sua antica metà(..) in quell’attimo sono fulminati - ed è mistero - da un riconoscersi interiore, fondo, che è eros e non ammettono si può ben dirlo di stare separati neanche per una briciola di tempo. Questi sono gli individui pronti ad invecchiare insieme fino alla morte.”
SE SON ROSE FIORIRANNO
“Ma come era cominciato tutto? Un gruppo di ragazze giocava lungo il fiume, raccogliendo fiori, Numerose altre volte una scena del genere sarebbe parsa irresistibile agli dèi. Persefone venne rapita “mentre giocava con le fanciulle dal seno profondo” e raccoglieva rose, crochi, viole, iris, giacinti e narcisi. (…) E Talia venne artigliata da Zeus in forma di aquila mentre giocava a palla tra i fiori su un monte. E Creusa sentì i suoi polsi serrati dalle mani di Apollo mentre raccoglieva fiori di zafferano sulle pendici delle acropoli di Atene. Anche Europa e le sue amiche stavano cogliendo narcisi, giacinti, violette, rose, timo. A un tratto si videro accerchiate da un branco di tori…”
- Le nozze di Cadmo e Armonia, Roberto Calasso
Come abbiamo visto nel Simposio di Platone l’essere umano può essere se stesso in maniera autentica solo ri-abbracciando l’Altro da sé.
Tale aspetto sottintende - come ha ben visto Emmanuel Lévinas in altri contesti - che, prima ancora di essere soggetto, l’uomo o la donna sono presi in una relazione con altri uomini o altre donne.
Ma non solo.
L’essere originario di cui parla Platone è fatto della materia delle stelle, del sole e della luna, poiché è da lì che discendono le donne, gli uomini e il terzo sesso. Questa prospettiva mi pare che invece di essere assolutamente vincolante - come a lungo è stato dibattuto nella filosofia contemporanea a partire da Nietzsche -, sia anzi estremamente liberatoria.
Se ciò che caratterizza l’uomo è la sua “inevitabile possibilità” di rapportarsi all’Altro - in termini platonici in ciò consiste la “sua originaria mancanza” che solo l’eros può “curare” - si può dire che il singolo da solo non vale nulla portando all'estremo questo discorso. Invece di spaventarci questo dovrebbe rassicurarci circa la costitutività del nostro essere-in-relazione.
Questo, è vero, è indice di una nostra mancanza costitutiva rispetto ad una totalità originaria e ideale che implica una incompletezza forse difficile da accettare. Tuttavia, forse, tale totalità a cui tendere, la pienezza della relazione con l'altro, è ciò che alla fine ci libera.
IL DIO DELL’AMORE NON HA REGOLE
“Ma Eros non se ne curava e faceva nascere l’amore indifferentemente, fra esseri mortali, dèi, figure semiumane, animali, uomini, donne… persino i fiumi si innamoravano o le sorgenti. Non necessariamente gli uni delle altre, per carità: una donna poteva innamorarsi di un fiume, una sorgente di un bel ragazzo. Persino la Luna poteva innamorarsi. Per non parlare di Zeus, il padre degli dei, che si invaghiva periodicamente e con preoccupante ripetività non solo di altre dee, ma anche e spesso di ninfe, regine e comuni mortali. E per unirsi a loro si trasformava negli animali più disparati, dal toro al cigno.”
- L'amore è un dio, E. Cantarella
Così scrive Eva Cantarella nel suo bellissimo libro “L’amore è un dio” che prende il sottotitolo da un suo Podcast spettacolare del 2007 ancora oggi disponibile in rete, cioè “Il sesso e la polis”.
Questa famosa accademica è convinta che i miti non debbano restare ad ammuffire nelle biblioteche degli specialisti poiché contengono una verità che appartiene a ciò che Jung abbiamo visto definire l’inconscio collettivo. Ed è qualcosa di molto prezioso.
Allora è da qui che possiamo e dobbiamo ancora attingere se vogliamo capirci qualcosa di più dell’Eros che non è solo sentimento, ma anche sessualità.
Eva Cantarella lo dice chiaramente: Eros non ha regole nel mondo greco - certo questo non vuol dire che l’amore e la sessualità non fossero regolarizzate nella società - , ma che il dio dell’amore non seguiva regole umane.
Infatti è un dio armato, che per fare innamorare scaglia delle frecce. E le scaglia in modo da far innamorare una persona o un dio di un’altra persona o di un altro dio, certo, ma anche di alberi, fiumi, le cose più strane.
In poche parole l’amore non è un fatto umano, come lo concepiamo noi. Oggetto dell’eros può essere qualsiasi cosa, per questo nell’antichità si parla di pansessualismo.
Un esempio un po' truce è quello di Pasifae, che si innamora di un toro, e grazie all’aiuto di Dedalo riesce persino ad accoppiarsi con lui, dando alla vita al famoso e terribile Minotauro.
Ma c’è anche una donna che si innamora di un fiume belissimo, e un’altra - Europa - che affascinata dal toro biondo viene in realtà rapita da Zeus e trasportata dall’Asia all’Europa appunto, dando vita al nostro continente.
Cosa vuol dire allora il pansessualismo degli antichi? Cosa ci può insegnare oggi?
Se l’Eros è qualcosa di così vasto da comprendere fiori, piante, montagne, tori, animali, uomini, donne, dèi e persino la luna… allora forse non vuole dire che la spinta verso l'Altro ci costringe a sentirci sempre in difetto, o meglio in costante frustrazione di dover trovare qualcos’altro da noi stessi che ci renda finamente integri, perché quest’Altro è la possibilità stessa della nostra esistenza.
Bibliografia essenziale:
Platone, Il Simposio, Adelphi 1979.
F. Nietzsche, La Nascita della tragedia, Adelphi 1978.
C. G. Jung, Coscienza, inconscio e individuazione, Torino: Bollati Boringhieri, 1985.
E. Lévinas, Eros, letteratura e filosofia, Bompiani 2017.
R. Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia, Adelphi 1995.
E. Cantarella, L'amore è un dio. Il sesso e la polis, Milano, Feltrinelli, 2007
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