Rispetto a quando ero piccola io, i miei figli penso abbiano accesso ad una molteplicità di fiabe provenienti dal mondo molto più ampia di quanto avessimo a disposizione noi negli anni Novanta.
Non c’è molto da stupirsi visto che siamo ormai in piena era globale, tuttavia penso che sia un vantaggio non da poco per le nuove generazioni poter accedere attraverso le fiabe ad altre culture del mondo.
Premetto che nella nostra famiglia siamo già abituati a pensare in un’ottica che non è esclusivamente eurocentrica, in quanto mio marito è turco, e quindi i bambini sono bilingui e abituati anche grazie ai loro nonni paterni ad un’altra cultura sin dalla nascita.
Tuttavia, la facile fruibilità di testi provenienti da altre tradizioni come la raccolta di fiabe offerta da questo libro intitolato “L’India dei bambini” ci permette di viaggiare con i bambini in mondi sconosciuti.
Non solo le illustrazioni, come ad esempio il dio Shiva dalla pelle azzurra e le sei braccia, oppure le scritte in sanscrito che corredano alcune delle belle immagini colorate che si trovano sfogliando le pagine del libro, ma pure la morale che sta dietro alle parole delle storie appartengono ad un mondo per noi lontano, ma che imparando a conoscere sin dalla prima infanzia, entra a far parte del nostro bagaglio culturale senza che neanche ce ne accorgiamo.
Quello che mi ha colpito di queste fiabe oltre alla scelta dei personaggi - a tratti inconsueti nelle nostre raccolte di fiabe classiche, penso a Calvino o alle fiabe dei fratelli Grimm - ad esempio vi sono come protagonisti bambini calvi o uccellini vendicativi, è stato proprio il messaggio che vogliono veicolare.
Il fatto che non vi sia sempre un lieto fine, è un tratto che si trova anche in molte delle nostre fiabe europee originali, quindi non edulcorate e non rivisitate come ad esempio, cito un caso su tutti la "Sirenetta" nella versione della Disney. Qui Tritone, il re del mare che è suo padre, le dona alla fine le tanto agognate gambe umane trasformando la sua coda da pesce, mentre in realtà Andersen aveva previsto una fine molto diversa per la sua di Sirena che si prepara a morire, dissolvendosi come la schiuma delle onde.
Essendo un'amante di Andersen e delle fiabe classiche, devo dire che la mancanza in molte di queste storie indiane di un lieto fine non mi ha stupito più di tanto. Lo stesso vale anche per certi aspetti crudi della furbizia un pò meschina che incarnano i diversi personaggi, quasi a mostrare come vista la crudeltà della vita, la povertà e la miseria che ci circonda, alcuni espedienti siano più che necessari. Anche questo aspetto lo si trova nelle nostre fiabe.
La morale e il messaggio che ci comunicano le storie indiane nel profondo però è diverso, il sogno che ci consegnano appartiene davvero ad un altro mondo in cui non sono previste scorciatoie.
In queste storie indiane manca del tutto l’idea che la principessa ingenua e buona sarà quella che alla fine verrà premiata dalla sorte mascherata da strega, rivelandosi infine una bella principessa o fata madrina. In India, invece, una gattina che rinuncia a mangiare un uccellino sarà poi ingannata e fatta morire su una padella molto calda, un bambino calvo chiede aiuto al dio Shiva che in cambio non gli farà crescere i capelli, ma renderà calvi tutti quelli che lo circondano. Un elefante si vendica su un piccolo sarto rovinandogli la merce, perché si è sentito mancare di rispetto.
“L’India è così cruda. Ti dà direttamente quello di cui hai bisogno non ci sono mezzi termini e non c’ò spazio per le illusioni. Tutti i sentimenti sono forti e le emozioni sono vive. “
Così scrive Emanuela Sabbatini, Presidente dell’associazione AFLIN a sostegno delle donne e dei bambini dei villaggi del Rajastan e autrice di questo libro.
Commenti
Posta un commento