In questi giorni ho fatto tanti post su libri di Natale con i miei bimbi felici che leggono.
Ma, proprio in questi giorni credo che il pensiero debba andare a quelle bimbe e a quei bimbi che felici non sono.
Per questo vi presento La bambina che aveva parole, che tratta il difficile e terribile tema della violenza assistita con una delicatezza assoluta.
Penso che tutti gli adulti che si occupano delle bambine e dei bambini, tutti gli educatori e le educatrici, gli insegnanti e i genitori possano trovare un prezioso aiuto in questo libro per arrivare al cuore dei bimbi che più ne hanno bisogno.
Magari anche solo facendogli ascoltare una fiaba che sappia aiutarli a dare un nome a quello che gli sta succedendo.
Potete trovare di seguito l’intervista alla fantastica autrice Maria Grazia Anatra, che ringrazio di cuore.
1. Puoi raccontarci qualcosa di te e di come è nato il tuo impegno contro la violenza assistita?
Docente liceale, presidente dell’Associazione Woman to be da anni mi occupo di letteratura per ragazzi, all’inizio collaborando con Piemme junior come formatrice per docenti sulla promozione alla lettura , poi a livello individuale come esperta in vari progetti, e dal 2012 come ideatrice del premio di Letteratura per l’infanzia NARRARE LA PARITA’ che è ormai diventato internazionale e poi come narratrice.
Il mio avvicinamento al delicato tema della violenza assistita nasce da un incontro vero e proprio di qualche anno fa. In occasione della premiazione della terza edizione (2016) del premio Narrare la Parità, realizzata a Strasburgo ho avuto modo di conoscere Stefano Montanari responsabile Comunicazione della Commissione Europea sui Diritti Umani. Mi parlò dell’impegno della Commissione su questo tema di cui cominciai a documentarmi e a volerne sapere di più.
2. L’importanza della narrazione e delle parole come possibilità espressiva è centrale in questa storia che ci porti, che ruolo ha anche nella realtà per i bambini e le bambine e in particolare per coloro che sono vittima di abusi?
Le parole hanno un’importanza centrale nell’ultimo testo che ho scritto, perché diventano il mezzo fondamentale per uscire dal silenzio sia da parte della protagonista della storia (Nina), sia da parte di tutti quei minori che non hanno la possibilità e la capacità di esternare la propria sofferenza e i propri vissuti traumatici.
Anche nella realtà la difficoltà di “avere le parole per dirlo” è uno dei focus centrali, dei nodi da sciogliere, con cui ogni giorno si misura il personale della cura psicoterapeutica rapportandosi ai minori vittime di violenza domestica.
3. Quali sono i tuoi progetti futuri? Continuerai a promuovere la sensibilizzazione attraverso le storie e i libri per bambini a temi inclusivi quali la parità di genere e la lotta contro gli abusi?
Sicuramente quello che ho realizzato in questi anni lo considero davvero solo un inizio. C’è moltissimo ancora da fare per trasformare mentalità e cultura ancora oggi intrise di stereotipi, di squilibri, di discriminazioni tra i generi. E questa operazione deve partire sin dalla più tenera età.
Per quanto riguarda il tema della violenza domestica, spesso considerato in Italia tabù, tanto che nel panorama della narrativa italiana per bambini esiste poco o per meglio dire niente in merito, sto lavorando insieme ad altri soggetti affinché nasca un progetto editoriale corposo, coinvolgendo in primo luogo il settore della psicoterapia.
Davvero interessante questo libro e come sempre le tue interviste sono il top
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