“Sembri Penelope” le disse un giorno Nicola.
Ma la sua terra di pietra (“tutti sassi” dicevano gli anziani) non era Itaca e Bettuccio non era re ma un emigrante in cerca di pane e lavoro.
La povertà di un’Italia meridionale post bellica, degli anni ’20, dove chi non ha né arte né parte e magari è orfano di padre e nipote di briganti, nonostante si dia da fare come sarto e sappia usare l’abilità delle mani è costretto ad emigrare in America.
Ma questa non è la storia di Bettuccio, emigrante-brigante appunto, ma della sua fidanzata.
Ada, bellissima con la sua treccia corvina di capelli morbidi e setosi, i suoi occhi verdi con lo “sguardo svagato di castagna acerba” e il suo portamento elegante che aveva attratto Bettuccio sì, ma anche altri pretendenti.
Assieme certo alla gelosia della "matrigna", e delle zie e le altre donne del villaggio, molto meno belle ed eleganti e per questo maligne. Intente a renderle la vita insopportabile e a farle agognare la fuga verso un paradiso apparente, un miraggio lontano e difficilmente raggiungibile. E' la rivalità tra donne e l'invidia della matrigna che ci fa capire quanto le classiche fiabe stile fratelli Grimm non siano poi così lontane dalla realtà delle nostre nonne.
E forse la citazione di Gabriele D’Annunzio, che Giusy Cafari Panico, l'autrice, ci riporta sul frontespizio, non è altro che una profezia, un saggio monito a tutti gli uomini-briganti davvero innamorati e non soltanto interessati al "frutto proibito": “Non ritroverete mai la vostra donna - amata, amante - così com’era quando da lei vi separaste”.
L’autrice di La fidanzata d'America, con la sua delicata penna (non mi stupisce che sia anche poetessa infatti!), ci lascia alcuni, pochi indizi, come questa intestazione di d’Annunzio e la dedica alla nonna, Ada.
L’ispirazione del suo romanzo, come mi ha confermato l’autrice è infatti proprio “il fidanzamento di mia nonna con un sarto che è emigrato a Filadelfia, prima di sposare mio nonno. E' vera anche la storia del fratello prete malato. Il resto è tutto romanzato.”
Una storia vera, dunque, che come un manto innevato avvolge le meravilgiose montagne d'Abruzzo e risuona con dolce nostalgia in ogni storia d’amore dove la donna è
costretta a scegliere tra se stessa e l'amore.
"Dal Monte Morrone si irradiava un chiarore soffuso come un'aureola e più lontano si scorgeva il profilo della Bella Addormentata. Dall'altra parte svettava la Majella, la Montagna Madre. Sua mamma le narrava che era la montagna della dea Maia, venuta da un Olimpo lontano per curare con piante magiche e medicamentose il figlio ferito. Ma la dea, trovando solo ghiaccio, e vedendo il figlio morire, sia accasciò per terra mentre la montagna, pietosa, prendeva la sua forma."
Canzone consigliata: Vaga Luna di Bellini
Articolo super carino e interessante complimenti!
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