La speranza.”
A cosa serve la bellezza se non ti senti bella? Se tutta la vita ti hanno fatto credere di essere un “orribile orco impossibile da mostrare alla luce del sole”?
Kyoto 1942.
Kyoto e’ sempre Kyoto.
Anche se la lasci per tanti anni e poi ci ritorni vent’anni dopo.
Inizio questo libro di esordio di Asha Lemmie con altissime aspettative, e sin dalle prime pagine mi assale un’indignazione indicibile nei confronti della chiusura del Giappone postbellico. Un nervoso nei confronti della tradizione, della nonna di sangue reale, delle geishe, dei giardini zen perfetti.
E io, amo il Giappone e la sua tradizione millenaria.
La chiusura mentale a scapito della diversità, però, non la posso tollerare. Fa male, non importa dove viene perpetuata.
Il fatto è , e questo diviene palese procedendo con la lettura, che questa chiusura non è una caratteristica giapponese, ovviamente si estende in maniera tentacolare su tutto il mondo. Facce diverse, stessa mentalità.
Anzi, nell’Inghilterra degli anni ‘50 la diversità sembra essere accettata e invece viene giudicata, non solo emarginata o soppressa.
Ed e’ ancora peggio, perché si insinua un giudizio di merito per tutto ciò che è “normale”.
E non è normale essere una donna, bastarda, orientale con la pelle scura e orfana, giusto?
Come Nori, Noriko, l’eroina romantica di questo libro.
Questo libro parla a tutte le donne, alla nostra infinita capacità di amare e alla difficoltà di amare in primo luogo noi stesse; al dolore legato all’amore quando si è costrette a fare delle scelte.
E la scelta e’ spesso imprescindibile, quando si parla di amare qualcuno più della propria vita.
Alla fine infatti non sempre si riesce a corrispondere al proprio amore perché essendo così esclusivo e unico, implica sempre il lasciare fuori qualcuno o qualcosa.
Ma quando capisci quale è il tuo Sole, tutto il resto diviene sacrificabile.
Anche se,come dice il poeta, e’ la pioggia che si può dire in cinquanta modi diversi.
“Sento che questa vita è
Piena di dolore e insopportabile
Ma non posso fuggire
Perché non sono un uccello.”
Ma
Forse posso essere un uccello.
Mi hai incuriosita troppo❤️🌸
RispondiEliminaSai quanto io apprezzi i libri che parlano di donne ❤️ me lo segno
RispondiEliminaHo sentito molto dolore nelle tue parole e penso tu abbia ragione: la tradizione non dovrebbe prevalere sulla diversità, non è giusto e penso sia contrario all'idea di progresso
RispondiEliminaArticolo molto profondo e che parla di un argomento importante e purtroppo ancora attuale per molti versi. Bella foto e libro che incuriosisce
RispondiEliminaMi piace molto la tua recensione, lo metto in lista
RispondiEliminaFoto azzeccatissima! Apprezzo la tematica, l’ambientazione da quel plus in più 😉
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