Io che leggo nell’albero di fico, che sbircia dietro di me quello che sto leggendo.
La pianta di fico è la vera protagonista dell’ultimo romanzo di Elif Shafak, autrice turca molto più acclamata all’estero che in patria perché giudicata forse scomoda forse un po' troppo furba, poiché per fidelizzarsi i lettori calunnierebbe il suo stesso popolo.
Eh già, da sposa turca so tutti questi pettegolezzi, che d’altronde coinvolgono anche un autore del calibro di Pamuk. Senza voler entrare in campo politico, che non è per nulla il mio, vi posso dire che questo libro, vanta una notevole bibliografia relativa alle terribili guerre civili che hanno coinvolto e sconvolto l’isola di Cipro negli anni ’70, lasciando tracce indelebili quanto voragini non solo sulle persone, ma anche su piante ed animali.
L’autrice senza farne esplicitamente riferimento - ma chi come me ha a cuore la Turchia e le meraviglie intonse dei suoi paesaggi del Sud non può non cogliere il parallelismo - , ci narra anche degli incendi e della vendita indebita di terreni da parte dell’attuale governo. Distruzione della natura per fini commerciali.
Tornando a L’isola degli alberi scomparsi, l’intreccio narrativo che l’autrice mette in opera attraverso due generazioni è molto delicato e interessante. Non mancano riferimenti alla difficoltà psicologica dell’essere esuli in un paese lontano dal proprio. A Londra, la vita è molto diversa da quella nella splendente isola di Cipro, anche se ormai vivere sopra le ossa di chi si è smarrito non aiuta a rimarginare le ferite. Fatture che non guariscono.
Negli esseri umani, se la frattura non guarisce, viene trapiantato un osso naturale o sintetico per stimolare l’osso rotto. Se una pianta sta morendo, si può prenderne un ramo e creare una talea per farle vivere una nuova vita.
Bisogna poi sapere come fare a mantenerla in vita, soprattutto se la si trasferisce in un clima freddo a cui non è abituata. Ma Kostas, il bellissimo giardiniere greco dagli occhi verdi sa come fare, d’inverno sa come seppellire una Ficus carica. Magari non sa così bene come fare con gli esseri umani, ma con le piante sì.
Padre e marito amorevole è come se non sapesse come comportarsi con e persone che ama, affrontare il dolore che le attraversa, le loro fragilità. Ma l’amore quando scorre nelle vene è lo stesso se passa sotto la pelle o sotto la corteccia di una pianta o il pelo di un’animale.
“Gli alberi sono custodi della memoria. Aggrovigliati sotto le nostre radici, celati nei nostri tronchi, ci sono i tendini della storia, le rovine di conflitti che nessuno è riuscito a vincere, le ossa dei dispersi.
L’acqua che i nostri rami risucchiano è il sangue della terra, le lacrime delle vittime e l’inchiostro delle verità che rimangono inconfessate. Gli esseri umani, in particolari i vincitori che impugnano la penna per scrivere gli annali della storia, amano cancellare non meno che documentare; a noi piante spetta il compito di raccogliere il non detto, lo sgradito. Come un gatto che si raggomitola sul suo cuscino preferito, un albero si avvolge intorno alle spoglie del passato.”
Sono le piante, gli uccelli e le farfalle a scandire il tempo della narrazione, e forse anche l'aspetto più originale del libro. Di donne-piante capaci di amare o essere amate da esseri umani o divini ne ho trovate solo nel mito, penso alla ninfa Dafne, o nella poesia, penso a La pioggia nel pineto di D’Annunzio. Non a caso l'altra protagonista femminile si chiama Defne, Dafne in turco.
Non vi resta che scoprire la sua storia.
Libri che toccano corde profonde, meraviglioso!
RispondiEliminaChe meraviglia questa recensione e questo libro
RispondiEliminaStupenda recensione per un libro sicuramente eclettico e particolare
RispondiEliminaUna bellissima storia da scoprire
RispondiEliminaLa penna di questo autrice è graffiante e incisiva. Sicuramente recupererò anche questo titolo
RispondiEliminaNon conoscevo l'autrice ma sembra proprio un libro da recuperare!
RispondiEliminaSembra una lettura interessante, non conoscevo l'autrice quindi ti ringrazio😊
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