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Le lettere di Esther di Cècile Pivot


Un epistolario scritto a mano con carta e penna nell’era della digitalizzazione quanto meno incuriosisce, così come attrae la scelta dei caratteri di stampa del libro che sembrano recuperati da qualche vecchia Olivetti. Ciò che appare non è una raccolta di lettere trovata in qualche cassetto di un mobile del passato, ma da un Laboratorio di Scrittura ideato e proposto da Esther, una matura signora libraia di Lille, per offrire la sua collaborazione al miglioramento del proprio stile di scrittura a chiunque volesse avvalersene. 

L’idea del Laboratorio è nata nella mente di Esther per la sua personale esperienza  durata anni di corrispondenza col proprio padre, e non per motivi di lontananza, ma per bisogno di confrontarsi, raccontarsi, corrispondere. Per Ester nulla può essere più efficace dei segni grafici impressi sulla carta da una penna che vi trasmette pressioni, pulsazioni che partono dalla mente e arrivano al cuore attraverso la mano.


Saranno cinque i corrispondenti che accettano la proposta di scambiarsi lettere manoscritte col timbro postale e la consegna da parte del postino. Ester potrà e vorrà accedervi. In quanto responsabile dell’iniziativa diverrà una guida senza guidarli, e si troverà al contempo sprofondata nella loro intimità, così diversa in ognuno sia per estrazione sociale e culturale sia per la personale vita reale, spesso sofferta, rivelatrice di fragilità, dolore, compromessi. Condividere e confrontarsi darà a ciascuno dei cinque corrispondenti spazi e stimoli nuovi per iniziare percorsi e comportamenti altrimenti sepolti nell’intimo. Non si sentiranno più soli ad affrontare le loro vite. 


Lungo l’intreccio di lettere ci si affeziona a Nicolas e Juliette, la coppia che vive il tormento di una lunga depressione post partum, a Jeanne che ha scelto di vivere in provincia abbandonando il pianoforte, che insegnava, per curarsi dei suoi animali, a Jean, solo apparentemente spregiudicato uomo del mondo di oggi,  e a Samuel che imparerà ad elaborare il lutto del fratello, scoprendo in Giappone, come se guidato dal fratello stesso, un luogo molto singolare dove i vivi hanno a disposizione una cabina telefonica, nel nulla, per parlare con i loro morti.


Chi ha  chiuso buste, messo francobolli, scritto indirizzi e mittenti sia grato a Cècile Pivot per aver risvegliato emozioni sopite, sensazioni di fruscii di carta da lettere e magari anche minute correzioni ortografiche, con questo suo epistolario rimodernato.



di Anna Bagnasco

Commenti

  1. Adoro l'idea che il libro propone, ma al momento non la trovo una lettura per me. Magari in futuro :)

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  2. Non sembra faccia per me ma mai dire mai!

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  3. Io ho sempre avuto un debole per le lettere scritte a mano. Nell'era digitale, io ho ancora le amiche di penna

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  4. Che belle le lettere.. io le conservo ancora dentro ad un quadernone

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