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Tutte le storie tristi sono false, anche e soprattutto quelle vere





Koshuru/Daniel. Due nomi che racchiudono in sé la vita intera di un unico protagonista, la sua storia. Il primo rappresenta il bambino e poi il ragazzo nei campi di zafferano di quel paese meraviglioso che è la Persia e il secondo l’adulto trasportato a forza in un mondo antitetico al primo come può essere l’Oklahoma. Nel suo nome persiano, Koshuru conserverà per sempre il ricordo dei nonni e il profumo e i colori degli sterminati campi di zafferano e dell'incanto dei luoghi dell'infanzia tanto breve quanto felice. E quando cambierà identità, emigrando in America, diventerà Daniel.


E' una storia, quella di Koshru/Daniel che "come ogni storia si rannicchia da qualche parte in un'altra storia”. Daniel capisce presto, quando si confronterà col mondo americano,  che "una memoria rattoppata è la vergogna di un profugo"  e  che "i ricordi sono ingannevoli e possono svanire e suppurare. Bisogna sigillarli come sottaceti, altrimenti fermenteranno e ti avveleneranno il cervello”.


Sua madre, la Resistente, e suo padre, affascinante, lontano ma sempre presenti attraverso il telefono che userà come guida e legame con il passato, lo aiuteranno a diventare adulto e a trovare un posto nella società. Il suo angelo custode americano è invece la mitica Mrs. Miller, la sua insegnante di inglese. Ancora dopo molti anni vissuti in America, Daniel resterà per sempre legato alla sua Persia, ma consapevole che ci sono "momenti nella vita in cui si è soli e davanti a due coppe e bisogna scegliere da quale bere.”


L'autore, Daniel Nayeri, ci racconta la sua storia, una storia vera capace di farci riflettere sul difficile tema dell'emigrazione e dell'incontro tra culture diverse. Un romanzo insolito, come insolito è anche il titolo,Tutte le storie tristi sono falseper un racconto in prima persona di un bambino poi ragazzo e infine giovane uomo, la cui vita è travagliata dalle vicende che è costretto a condurre tra due Paesi in cui si sentirà sempre profugo: l'Iran e l’America. Il lettore si trova coinvolto in prima persona nel seguirne le sue vicende, perché Koshru/Daniel gli si rivolge direttamente coinvolgendolo con richieste di comprensione, solidarietà e aiuto. Il linguaggio è agile, a volte come un susseguirsi di twit. Le vicende vissute nel passare dal drammatico mondo che Koshru si lascia alle spalle e quello non meno difficile dell'adattamento alla vita americana si susseguono a ritmo veloce e crudamente realistico, ma come se fosse sempre la Sherazad delle Mille e una Notte a condurne il filo.



di Anna Bagnasco

Commenti

  1. È un genere tu non tantissimo anzi quasi nulla. Però devono essere uno di quei libri che ti fanno molto riflettere alla fine del libro e che ti lasciano qualcosa dentro ♥️

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