Passa ai contenuti principali

Intervista a Manuela Santoni, autrice di La lettera perduta



Appena ho finito di leggere la bellissima graphic novel di Manuela, le ho scritto per chiederle se la La lettera perduta è ispirata ad una storia vera, perché ha il sapore dei racconti di un tempo, che  personalmente ho la fortuna di poter ascoltare ancora oggi dalla testimonianza diretta della mia amata nonna quando mi parla della fitta corrispondenza che intratteneva col nonno ai tempi della guerra. Da questa domanda, che è la prima che vi riporto nasce questa intervista. 


1. Puoi presentarti e dirci qualcosa di te e sulla tua passione per il disegno?


Fin da piccola mi è sempre piaciuto disegnare. Ero molto timida, forse perché praticamente vivevo (e vivo) in campagna, il disegno mi faceva compagnia. Ho cominciato la mia carriera nel 2015 con libri di illustrazione per ragazzi, per poi due anni dopo, pubblicare il mio primo libro da autrice. Ho realizzato bene tre libri dedicati alla letteratura Inglese (Jane Austen, Le sorelle Bronte, Mary Shelley), ma dopo questa trilogia, ero decisa a cambiare registro, voleva dimostrare che non ero solo l’autrice che parla di altri ma che avevo contenuti originali da offrire al pubblico. Il 27 gennaio di qualche anno fa vidi una trasmissione in tv sulla Shoa, con l’intervista ai protagonisti che l’avevano vissuta sulla loro pelle.. Questo è stato l’impulso per creare ‘La lettera perduta’.


2. La storia che racconti è ispirata a una storia vera?


Sono varie le storie che si fondono nella mia, piccoli dettagli. Ad esempio per quanto riguarda la scuola, mi colpì un’intervista di Liliana Segre in cui diceva che da un giorno all’altro le era stato impedito di andarci solo perché ebrea e nessuno si era opposto, come se fosse ‘normale’. Ho cercato di ricreare questo evento con il piccolo racconto della nonna di Caterina.



3. Gli avvenimenti storici che fanno da sfondo alla vicenda d’amore tra Tina e Pietro relativi alla seconda guerra mondiale e alle leggi razziali e discriminatorie nei confronti degli ebrei in Italia, hanno un ruolo preponderante nella tua storia, quanto è importante ricordare? O meglio non dimenticare?


Sono avvenimenti che fanno parte della storia del nostro paese, con cui dobbiamo fare i conti. Penso che le leggi razziali siano la pagina più nera del Fascismo, ricordandolo e raccontandolo dobbiamo fare in modo che questo non accada più.


4. Chi è Emma per te? La ragazzina solitaria protagonista che ritrova la lettera magica capace di unire epoche storiche e persone separate dalla sofferenza? 


Emma rappresenta una parte del mio carattere, è timida, ha difficoltà a relazionarsi con gli altri. Il fatto che il suo unico amico sia un gatto randagio la dice lunga. Rappresenta l’ingenuità di fronte all’orrore della guerra. Ho pensato che una storia terribile come questa doveva essere giudicata con lo sguardo di una bambina. I bambini non guardano razza, estrazione sociale ecc., guardano le cose per quello che sono, tant’è che rimprovera Pietro per il suo comportamento che reputa incomprensibile. È anche la persona che ferisce di più Pietro, grazie alla quale lui riesce però a fare i conti con il suo di passato. 


5. Mi è piaciuta anche molto la figura del gatto randagio dal pelo fulvo e naturalmente la tematica del girl power! Cosa ci puoi dire a riguardo?


Malpelo è la rappresentazione della coscienza di Emma, ed è anche il motore della storia. Possiamo dire che la caccia nei guai, ma allo stesso tempo veglia su di lei. Volevo inserire nel fumetto anche la tematica della collaborazione tra donne, del femminismo, usando un vecchio slogan che era delle Spice Girls, un gruppo che ha segnato la mia infanzia. L’amicizia tra Emma e Caterina è il risultato di questo, è la prima vera amica  ‘umana’ che riesce ad avere nel nuovo paese dove si è da poco trasferita. Attraverso il loro rapporto volevo sottolineare che prima di giudicare gli altri bisogna conoscerli, per rispettarli e amarli.












































































Commenti

Post popolari in questo blog

Fiori di Kabul, quando un fiore cresce nella polvere

  “Sei un fiore prezioso, e i fiori preziosi non possono crescere nella polvere.” La mamma lo ripete spesso a Maryam nella polverosa Kabul, mentre tutti gli altri cercano in ogni modo di non farla sbocciare. Tutti gli altri a cominciare da suo padre, che le impedisce di imparare ad andare in bicicletta, perché “è una cosa che offende l’Islam”, se ci vanno le femmine. Ma non proprio tutti, perché c’è suo fratello che è un uomo buono, come anche il suo allenatore, e la sua migliore amica, Samira. Lei è hazara e Maryam pashtun: sono entrambe due fiori bellissimi.  “Non sapevo se fossi davvero preziosa, ma mi piaceva l’idea di essere un fiore.  Magari in un’altra vita lo ero stata veramente, un fiore che cresceva là sulla montagne, era possibile, e forse era per questo che ogni giorno desideravo essere lassù.” Montagna, senso di libertà, il vento tra i capelli e Maryam che pedala verso il suo destino con il cuore che le batte all’impazzata. Oggi, per noi in Italia, o comunque in Occid

La serie di Teresa Battaglia, una commissaria contro gli stereotipi

Mentre ce ne stiamo a rimirare i fiori, c’è qualcuno che sta attraversando l’inferno. Fiori sopra l’inferno   è il titolo del primo dei quattro libri della serie di Teresa Battaglia scritta dall’autrice friulana Ilaria Tuti e cela l’haiku del poeta giapponese Kobayashi Issa. Non scordare: noi camminiamo sopra l’inferno,  guardando i fiori. E questo qualcuno, che ha attraversato l’inferno, e’ l’assassino. O l’assassina. Sempre seriale. La capacità empatica di sentire il dolore nel male, mi ha fatto apprezzare il commissario Battaglia, anzi la commissaria, che è una donna e una madre anche senza avere figli biologici, per la sua innata compassione nei confronti della vita quando inerme.  Questa capacità che è poi la chiave della sensibilità, mette in crisi i confini classici del bene e del male, mostrando come a volte chi è carnefice è in primo luogo vittima. Vittima di violenza assistita o vissuta sin dall’infanzia. Questo non vuol dire che la violenza è giustificata, anzi, s

Tre albi illustrati per la "Giornata mondiale della gentilezza"

  Lo sapevate che la “Giornata mondiale della Gentilezza” è nata in Giappone?   Nello specifico, questa giornata nasce a Tokio nel 1988 con il World Kindness Movement, e presto si è diffusa in tutto il mondo. Sembra semplice, perché la gentilezza è la semplicità di un gesto fatto con dolcezza e rispetto, di un sorriso, di una carezza. Ma poi nei fatti non è affatto così semplice essere gentili.  Nella quotidianità, purtroppo, lo stress e la tecnologia non fanno che alimentare relazioni basate sulla poca attenzione e l’aggressività, anche e forse soprattutto da parte degli adulti nei confronti delle bambini e bambine che a loro volta le perpetuano a scapito degli altri bambini. La gentilezza è un esercizio di attenzione che ci rende migliori e quindi dovrebbe essere celebrata tutti i giorni, magari e perché no anche attraverso dei meravigliosi albi illustrati da leggere insieme. Ecco quelli che vi propongo oggi, a partire da destra potete vedere: Il piccolo libro della gentile