“In porta” è un fumetto sportivo per ragazze e ragazzi dai nove anni in sù, pubblicato dalla neonata casa editrice indipendente Centometri edizioni, casa editrice che si propone di mettere in discussione gli stereotipi sociali e relativi alla disabilità attraverso i libri e lo sport.
In particolare, questo volume molto curato nei dettagli tratta importanti tematiche di inclusione che partono dalla stessa figura della protagonista, Emily, una ragazzina italo-cinese molto competente e abile nel calcio, ma poco propensa alle relazioni sociali soprattutto a seguito di un grave lutto non famiglia non elaborato e con forti ripercussioni psico-somatiche. Aspetto del suo carattere che migliorerà appunto entrando finalmente in una squadra di calcio capace di accoglierla.
Il tema della diversità viene quindi trattato da diversi punti di vista e prospettive, innanzitutto quella di genere, che porta con sé la domanda “può una ragazzina giocare con profitto in una squadra di calcio o si pensa ancora che il calcio sia uno sport maschile?” La riposta è ovviamente affermativa, tanto che Emily viene presa in una squadra dove vi è già presente anche un’altra giocatrice. In secondo luogo la diversità emerge nel tema della provenienza etnica, nella squadra in cui viene accettata vi sono infatti giocatori come Fadi, evidentemente di origini mediorientali, e anche Abraham dalla pelle scura.
Non mancano altri importanti riferimenti ai pericoli in cui possono incorrere le ragazze e i ragazzi d’oggi per via delle relazioni tossiche e inorganiche che si sviluppano online attraverso ad esempio le chat su whatsapp, che mirano ad escludere una persona, o a discriminarla.
Ciò che emerge con forza, ed è secondo me il vero punto di forza di questo fumetto oltre alle ai disegni semplici e dai colori accesi e brillanti, è l’importanza delle relazioni autentiche, del gioco di squadra appunto, che gli sport soprattutto in età pre-adolescenziale e adolescenziale contribuiscono a consolidare. E’ proprio vero che l’unione fa la forza e che solo insieme si possono superare le difficoltà tanto esteriori quanto interiori, ovvero quelle legato appunto ai nostri traumi o alle nostre paure.
Intervista all’autore, Tommaso Maines
1. Puoi raccontarci qualcosa di te e del tuo lavoro come illustratore e scrittore di fumetti?
Sono un giovane autore di fumetti di 26 anni e la professione del fumettista è un sogno che mi porto dietro fin da quando avevo 12 anni. Mi è sempre piaciuto disegnare, ma è iniziato tutto sfogliando le pagine del fumetto fantasy italiano “Rigor Mortis” di Riccardo Crosa, che mi ha fatto innamorare del mondo del fumetto e mi ha fatto dire: ”Sì! Questo è quello che voglio fare nella vita!” E dopo concorsi, piccoli lavoretti nel settore, il corso presso la "Scuola del Fumetto a Verona" e infine la pubblicazione di In porta posso dire di essermi immesso sul sentiero tortuoso, ma bellissimo che è questa professione. Lavorare nel campo del disegno o della narrazione non è facile come può sembrare. E' un lavoro solitario e complesso, dove bisogna consegnare il prodotto finito nei tempi prestabiliti al meglio delle proprie capacità, e forse qualcosina in più. Ma la soddisfazione che si prova quando si dà vita ad un personaggio, si crea un nuovo mondo o si stringe tra le mani la propria opera finita ripaga di tutta la fatica e di tutto il tempo trascorso per realizzarla.
Prima di questo volume ho realizzato qualche storia breve e qualche altro lavoro nel mondo del fumetto ma In porta è il mio vero primo passo nel mondo del fumetto…il primo di molti altri, spero.
2. Come è nata l’dea di questo fumetto sportivo?
Tutto nasce dalla casa editrice “Centometri Edizioni” che voleva realizzare una storia basandosi su un articolo che parlava di una bambina rifiutata da una squadra di calcio semplicemente perché femmina. Grazie alla scuola del fumetto, che ha fatto da tramite, siamo entrati in contatto e dopo avermi dato i parametri della storia: la protagonista doveva essere una bambina di origini asiatiche e la storia doveva basarsi sull'argomento sopracitato; mi sono messo al lavoro dando vita a questa storia.
3. Che messaggio daresti a chi soffre in quanto vittima di bullismo o perché viene discriminato?
Ammetto di essere un po' in difficoltà. Ogni situazione è diversa e complessa, visto che spesso coloro che commettono l’atto di bullizzare sono i primi a soffrire. L’odio e il razzismo nascono da dolore, paura e ignoranza e ancora non abbiamo una cura per questi mali. L’unica cosa che mi sento di dire in merito è di non piegarsi facilmente alle idee altrui. Tuttavia, quando non vi è modo di discutere o affrontare il problema, penso sia meglio allontanarsi dalle relazioni tossiche e cercare persone con cui stringere legami positivi per farvi scudo e appoggio contro le avversità di questo mondo. Come fa Emily nella storia.
4. Quanto è importante il gioco di squadra?
Lavorativamente e caratterialmente a volte mi risulta difficile fare “gioco di squadra”. Ma per esperienza posso dire che non siamo in grado di fare tutto e di risolvere ogni problema da soli. Per ciò avere qualcuno su cui contare quando si è in difficoltà o avere vicino qualcuno con cui condividere i momenti sia belli che brutti fa la differenza.
5. Cosa rappresenta il draghetto “Lexo" ?
Lexo è la paura di Emily. La paura del fallimento e del confronto col mondo. Lexo spinge Emily a chiudersi eliminando le altre persone e di conseguenza le relazioni. Se non si ama non c’è il rischio di soffrire quandoi si perde la persona amata o se qualcun’altro ti tratta male.
Lexo non è un personaggio negativo, come d'altronde non lo è la paura, è una sensazione necessaria che ci spinge a valutare il mondo che ci circonda e ci protegge dai pericoli esterni. Ma, come per qualunque altra cosa, l’eccesso non porta mai nulla di buono. Infatti Lexo esagera e porta Emily a confinarsi in un mondo fittizio che si trasforma ben presto in una prigione.
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