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Intervista a Rosa Teruzzi: autrice della serie di gialli "I delitti del casello", tra libri, fiori e treni



1) Hai voglia di raccontarci qualcosa di te? Chi sei e che cosa fai nella vita?

Ciao a te, Chiara, e alle tue lettrici (ai tuoi lettori). A questa domanda sogno da sempre di poter rispondere “sono una scrittrice”. In realtà per professione faccio la giornalista e scrivo per hobby, anche se è la mia vera passione. Per moltissimi anni sono stata cronista di “nera” in un giornale popolare del pomeriggio ( “La Notte” ), che “La Città” dei miei romanzi ricorda molto. Da più di vent’anni lavoro in tivù, prima a “Verissimo” e ora a “Quarto Grado”, il programma di crime di cui sono caporedattrice. Ma, appena scattano le ferie, mi chiudo nel casello ferroviario che io e mio marito abbiamo ristrutturato a Colico, sulla sponda lecchese del lago di Como, e scrivo. Il primo romanzo della serie dei “delitti del casello”, “La sposa scomparsa” è nato nel 2014, due anni prima di essere pubblicato, proprio nell’estate “più piovosa di sempre” che racconto nei miei libri. Vivo tra il lago e Milano, nella zona periferica del Naviglio Grande. Purtroppo lavoro troppo, ma quando sono libera amo leggere, fare giardinaggio, stare con la mia mamma e le mie sorelle, Marina e Laura, e al casello, ovviamente. 



2) Com’è nata la serie I delitti del casello? C’è qualcosa di autobiografico? Anche tu vivi in un casello, pieno di piante e con un kiwi dispettoso. Com’è viverci?


Quando ho cominciato a scrivere di Libera, Iole e Vittoria pensavo a una storia di famiglia al femminile (non avevo assolutamente progettato una serie) più che a un romanzo giallo. Ma la cronaca nera è nel mio Dna e ci sono cascata.

Nei miei libri, di solito, mi interessa raccontare i personaggi, la loro crescita e le loro dinamiche di relazione più che lo svolgimento dei casi, anche se la mia professione mi facilita il lavoro, impedendomi errori grossolani nella trama. Mi affascinano i segreti e, come dice Libera, ogni famiglia ne ha. 

I miei romanzi non sono autobiografici, anche se sono zeppi di riferimenti a cose che ho visto e che conosco: io amo i libri, come Libera, i fiori e i treni, come lei. Amo il cibo, ma non sono così brava in cucina. E purtroppo non ho la leggerezza di Iole. Ma a lei ho regalato l’impertinenza che vorrei avere, a Irene il mio lavoro, a Vittoria la mia quadrata prevedibilità. Nessuna di loro si ispira a una figura reale ma tutte sono vere, per me. 

L’unico personaggio reale dei romanzi, in realtà, è un animale, il cane Idra che è stato a lungo il cane della mia famiglia. Tutte le ultime foto di mio padre erano con lei.

A proposito del mio casello: ho sempre abitato in case vicino alla ferrovia e sempre subito il fascino dei binari, con la loro linea di fuga verso l’infinito. Il casello ferroviario in cui vivono le mie protagoniste esiste davvero, a Milano, in via Pesto, tra il Naviglio Grande e il Giambellino. E’ stato a lungo abbandonato ed è attualmente in ristrutturazione.

Il casello in cui abito io, invece, a Colico, è stato messo all’asta anni fa dalle Ferrovie dello Stato. Lo amo perché è un posto magico, silenzioso e tranquillo (se non si ha paura dei cinghiali). E’ a due passi dalla splendida baia di Piona che racconto nell’ultima pagina del mio ultimo libro.



3) Le piante e i fiori hanno un ruolo rilevate nella tua vita? Immagino di sì e quindi te ne chiedo già il motivo…


Io sono nata in un paese della provincia di Milano, a Villasanta, in un’area molto verde e ho sempre amato stare in mezzo alla natura. Mi piacciono i fiori e ancora di più gli alberi. Il mio piccolo balcone – sui tetti del Giambellino – è una vera serra e, finalmente, al casello ho potuto sbizzarrirmi in una serie di esperimenti botanici, qualche volta riusciti, altri meno. Amo tutte le stagioni ma per me, il tempo della scrittura coincide con l’estate: con i primi fiori della cicoria selvatica e con la portulaca, la mia compagna di scrivania, con le sue corolle coloratissime che cercano il sole.


4) Adoro le tue protagoniste, madre e figlia, Iole e Libera, così diverse e pur sempre unite. Ce n’è una delle due che ti rappresenta di più o anche un altro dei tuoi personaggi femminili e, se sì, perché?


Mio marito dice che io sono Irene, la giornalista, ma lei è silenziosa e intuitiva, a differenza mia. In realtà mi sento molto più affine, per età e passioni a Libera, sognatrice e indecisa, goffa in molte questioni. Credo di aver regalato a ognuna delle mie donne qualche dote che io desidererei possedere: la concretezza a Vittoria, l’intuito a Irene, il materno a Libera e a Iole una sovrana leggerezza. Vorrei essere ognuna di loro, ma non lo sono.


5) Le tue protagoniste sono state definite le Miss Marple del Giambellino. Che cosa ne pensi di questo appellativo? Sei un’amante di Agatha Christie anche tu? Quali altri autori o autrici ti ispirano quando scrivi?


Le mie donne vengono definite dai giornali le “Miss Marple del Giambellino”, dal nome del quartiere milanese in cui vivono, perché Jane Marple è un personaggio iconico, perfetto modello per delle investigatrici dilettanti. Ma i miei romanzi sono pieni di riferimenti letterari visto che amo appassionatamente i libri. Se dovessi compilare l’elenco degli autori di cui mi sento debitrice, ne verrebbe una lista interminabile. Tra i miei scrittori feticcio ci sono certamente Jane Austen, Robert Louis Stevenson, Alexandre Dumas e per il noir Simenon e Giorgio Scerbanenco, il maestro di tutti noi giallisti milanesi. Ma amo anche la poesia di Antonia Pozzi e Alda Merini, i raffinati libri naturalistici di Pia Pera, la malinconica elegia della montagna di Mario Rigoni Stern e sono legatissima alle storie della mia infanzia scritte da Giana Anguissola. 


6) Hai sempre voluto scrivere?


Sì, ho sempre sognato di fare a scrittrice, ma per un lungo periodo ho pensato che non potesse diventare una vera professione. Per questo ho scelto il giornalismo, perché mi dava la possibilità di scrivere quotidianamente. Il mio mestiere è stato insomma, in un certo senso, un ripiego, ma è stato proprio grazie ad esso che sono entrata in contatto con un’infinita di storie, mondi ed esperienze che oggi confluiscono nei miei libri.







Da  milanese, con le giuste distanze prese da Milano grazie alle ferie estive e la casa al mare di mia nonna, non posso che consigliare come letture sotto all’ombrellone, ma certamente non solo, la serie di gialli I delitti del casello di Rosa Teruzzi. Infatti, tutti i suoi libri sono ambientati a Milano e dintorni, passando dalle mie zone come Ortica e Lambrate, al mio amato orto botanico di Brera, fino al Giambellino. Sono molto contenta di averla potuto intervistare per voi qui sul mio blog. Questo è l'ordine giusto con cui leggere la serie:



  • La sposa scomparsa, Sonzogno, 2016
  • La fioraia del Giambellino, Sonzogno, 2017
  • Non si uccide per amore, Sonzogno, 2018
  • Ultimo tango all'Ortica, Sonzogno, 2019
  • La memoria del lago, Sonzogno, 2020
  • Ombre sul Naviglio, Sonzogno, 2021
  • Gli Amanti di Brera, Sonzogno, 2022




Commenti

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