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La variabile Rachel, tra vergogna e senso di colpa per il corpo femminile






Mentre in Francia si festeggia l'introduzione dell'aborto nella Costituzione e la UE è volta ad inserire il diritto all'aborto libero e sicuro nella sua  Carta dei diritti fondamentali, in Italia si torna a parlare della legge 194 e il 17 aprile 2024 attraverso un emendamento al Pnrr viene ribadito il via libera ai movimenti "pro life" antiabortisti nelle strutture ospedaliere, ammettendo la possibilità di finanziamenti regionali.

Anche se personalmente non mi è mai capitato di dover intraprendere un percorso di IVG, nonostante abbia subito almeno due aborti spontanei, ho diverse amiche a cui una situazione simile è capitata da molto vicino. In un momento di oggettiva vulnerabilità - come la scelta di abortire - questo emendamento rappresenta un ulteriore pressione psicologica dovuta al sistema sanitario italiano in cui accedere all’IVG è già di per sé complesso, tra burocrazia e personale medico obiettore.

Ma non solo in Italia, anche in un altro Paese fortemente cattolico come l’Irlanda la situazione non è molto diversa. Ne vorrei parlare attraverso gli occhi di Rachel, protagonista di “La variabile Rachel” (NN Editore 2024) di Caroline O’Donoughue. Dopo lunghe battaglie oggi si può dire che anche in Irlanda, e nello specifico dal 2018, è legale abortire. Non era così nel 2008, periodo in cui si svolge il romanzo, sullo sfondo della crisi finanziaria che in Irlanda ha colpito la popolazione molto più che altrove. Come dice in un intervista su Io Donna l’autrice ancora oggi comunque non è facile abortire.


“Lei affronta anche il tema del diritto all’aborto. Come è stato crescere in un Paese, l’Irlanda, in cui l’interruzione di gravidanza è diventata legale solo nel 2018?


C’era una cultura della paura. Tutte le ragazze, come me, erano spaventate, ne parlavamo spesso. Fare l’amore era un rischio e chi ha dovuto ricorrere all’interruzione di gravidanza, andando in Inghilterra, si sentiva marchiata dalla vergogna. Ancora oggi, comunque, non è facile abortire.”


Il libro parte quindi da qui - c’è un prima e un dopo l’interruzione della gravidanza -, che segna il passaggio dalla spensieratezza della gioventù al farsi carico del senso di colpa e di vergogna che determinano in qualche modo l’entrata nel mondo degli adulti. Trattandosi di un romanzo di formazione, la presa di coscienza di se stessi e quindi la maturità passa inevitabilmente dall’accettazione delle proprie colpe. Ancora più accentuate e difficili da digerire in Paesi come appunto l’Irlanda e ci aggiungo pure l’Italia. 

La domanda che mi sono posto è: la vergogna può mai davvero essere superata? Nel caso di Rachel resta un fil rouge, una sorta di musica di sottofondo che continua ad accompagnarla e a determinare le sue scelte anche quando - ormai dieci anni dopo - è una donna affermata in tutti i campi: giornalista famosa e moglie e madre. 

“La variabile Rachel” è quindi sì un romanzo di formazione, un po' nostalgico certo - chi non lo è dei propri vent’anni -, ma anche un invito a scendere a patti con i propri “peccati”, intesi come gli atti non socialmente accettati e che quindi in qualche modo determinano inconsciamente o meno anche i nostri bias. 

Alla fine per Rachel si tratta di “iniziare a far funzionare le cose” e lo si può fare quando si ha fiducia in se stessi a prescindere dal mondo esterno. 

Volevo solo aggiungere che la narrazione, per quanto tratti tematiche molto difficili da affrontare - oltre all’aborto, il coming out, l’orientamento sessuale, il tradimento, è davvero fresca e fluida. I personaggi sono ben delineati ed è facile entrare in empatia con Rachel e le sue vicissitudini. Ho apprezzato molto i dialoghi e gli scambi di battute con il migliore amico  gay James -  che ricordano molto William & Grace e la storia d’amore sullo sfondo, ma non vi dirò di più perché vi invito a scoprirla….



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