Elif Shafak, scrittrice turca di fama internazionale e acclamata per la sua capacità di intrecciare emozioni profonde e tematiche universali, ci regala con I ricordi dell'acqua un'opera poetica e ricca di significati, che esplora le connessioni tra vite lontane nel tempo e nello spazio. Tuttavia, a mio avviso, l'autrice rischia di cadere vittima del suo stesso gioco letterario, spingendosi a un uso eccessivo e ridondante del simbolismo legato all'acqua.
Il romanzo si sviluppa attraverso le storie di Arthur, vissuto nella seconda metà del XIX secolo, di Narin nel 2014 e di Zaleekhak nel 2018. Sebbene separati da epoche e luoghi diversi, i protagonisti sono uniti dal richiamo evocativo di un'antica città della Mesopotamia. Questa città, depositaria di memoria e leggenda, funge da ponte tra le loro esistenze, intrecciandole attraverso racconti e frammenti di storia che sembrano emergere dalle acque del tempo.
L’acqua è il tema centrale che permea l’intero romanzo, un simbolo potente di continuità e trasformazione. Ogni capitolo si apre con un riferimento al corso d’acqua più importante che attraversa i luoghi in cui si svolgono le vicende, come il Tamigi o il Tigri. "In riva al Tamigi" e "In riva al Tigri" non sono solo coordinate geografiche, ma anche metafore della vita e dei ricordi che scorrono e si trasformano, come i fiumi che attraversano i secoli.
Tuttavia, se dal punto di vista delle idee alla base del romanzo ci si può ritenere incuriositi e persino affascinati, la narrazione tende a eccedere nel proporre analogie, parallelismi e metafore tra l'acqua, la pioggia, i fiumi e la condizione umana. Il racconto ne esce talvolta appesantito, quasi grottesco, tanto che a tratti può alienare parte dei lettori.
Una volta svelato il senso del romanzo e la chiave interpretativa della trama, si ha la sensazione di trovarsi davanti a un libro che sembra già letto. Se da un lato la forma e lo stile di Shafak sono buoni, le vicende narrate e il loro svolgimento appaiono piuttosto scontate, come se seguissero binari già tracciati, specialmente per chi ha familiarità con romanzi di questo genere. L’intreccio manca di quella freschezza capace di sorprendere, affidandosi più alla forza delle idee che all’effettiva originalità narrativa, al contrario di altre sue opere che ho apprezzato di più come ad esempio La bastarda di Istanbul.
Elif Shafak, nata a Strasburgo nel 1971, ha trascorso la sua infanzia e giovinezza tra Europa, Medio Oriente e Stati Uniti, vivendo in città come Istanbul, Madrid e Boston, fino a stabilirsi a Londra, dove attualmente risiede. E' chiaro che queste esperienze cosmopolite hanno influenzato profondamente la sua visione del mondo e la sua narrativa, permeata da temi di appartenenza, identità e connessioni interculturali. La pluralità delle ambientazioni del romanzo, che si muove tra Londra, la Mesopotamia e altre terre lontane, riflette chiaramente questa traiettoria personale: le città in cui Shafak ha vissuto non sono solo luoghi geografici, ma spazi simbolici di contaminazione culturale e di intrecci narrativi, che alimentano la tessitura emotiva e storica delle sue opere.
In conclusione, I ricordi dell'acqua è un romanzo che offre spunti di riflessione interessanti e una scrittura evocativa, ma che potrebbe deludere chi cerca una trama davvero innovativa.
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